…in un libro!
Che cos’è per voi Terrestri il cibo? Se non ve lo siete mai chiesti, ve lo chiedo io. È abitudine? Convivialità? Generosità? Tradizione? Curiosità? È tutto questo insieme e molto altro? O qualcosa di molto più semplice, più spoglio, meno affascinante ma assolutamente necessario: il bisogno istintivo di sfamarsi. Per quanto mi riguarda – inutile dirlo, vista la mia natura estremamente golosa! – è il mio argomento preferito di conversazione, specialmente quando dalla conversazione si passa ai fatti… o meglio, agli assaggi! E osservando la vostra Terra ho scoperto che, a partire dalle tipicità di ciascuna regione dell’Italia, fino alle tradizioni culinarie di Paesi lontanissimi tra loro come il Sud America o la Cina, l’Indonesia o il Continente africano, gli uomini portano in tavola quello che è disponibile “qui ed ora”. E non c’è da stupirsi se, invitati ad una cena nipponica, potreste ritrovarvi nel piatto un filetto di balena o se in una tenda africana vi servissero degli strani insetti.
“Noi siamo quello che mangiamo” sosteneva il filosofo Ludwig Feuerbach, intendendo dire che quel che introduciamo sotto forma di cibo nell’organismo influenza sia il corpo, che i processi energetici, quindi anche lo spirito e la mente.
E così cercando di dare risposte a queste domande, mi sono imbattuto in un libro, per fortuna disponibile anche in e-book e prontamente scaricato senza troppi intoppi sul mio Rototablet, dal titolo “Bistecche di formica e altre storie gastronomiche” di Carlo Spinelli, alias Dottor Gourmet. Un libro che in 10 capitoli ci racconta tutte le stravaganze del vostro bellissimo Pianeta in fatto di abitudini ed esplorazioni culinarie. Un esempio su tutti: mangiare carne di cavallo sarebbe ripugnante per gli anglosassoni mentre nella città di Verona rappresenta una tipicità.
L’autore è un esperto viaggiatore, dove per viaggiatore non si intende il classico turista. Viaggiatore è colui che si immedesima nella cultura di un Paese, che oltre a percorrerlo per chilometri in lungo e in largo, aderisce alle sue tradizioni, comprese quelle culinarie. Poiché un piatto può rappresentare la pura necessità di sopravvivenza o le tradizioni culturali millenarie. Nel libro si ritrovano citazioni di saggi antichi, riferimenti a usanze di epoche lontane e popolazioni sconosciute, decine di aneddoti e anni di studi di antropologia. L’autore si augura infine che prima o poi tutti capiscano che quasi tutti gli alimenti sulla Terra, chi più chi meno, hanno valori organolettici e culturali, perché sfamano e raccontano le storie dei popoli. E vanno profondamente rispettati.
Ed eccovi allora una carrellata di tradizioni culinarie assolutamente uniche e che potrebbero (se non aveste letto tutto questo articolo) farvi storcere il naso! Parola di Godron.
Hákarl - Squalo Putrefatto (Islanda); Cavallette cotte (Uganda); Paniki, o Zuppa di Pipistrello (Indonesia); Casu Marzu (Italia), tipico formaggio sardo che viene fatto stagionare grazie alla presenza di larve che si sviluppano al suo interno, trasformandolo in una crema morbida che matura per un periodo dai 3 ai 6 mesi; Pidàn o Uovo Centenario (Cina), un uovo d’anatra invecchiato in un impacco di acqua, sale, cenere, calce viva e carbone, per al massimo 100 giorni; Ragni fritti (Cambogia), serviti con una salsa di lime e pepe nero; Escargot à la Bourguignonne (Francia), ricetta tra le più classiche del Paese a base di lumache di terra, servite con una crema di burro, arricchita con aglio e prezzemolo (nella foto).